La musica
può essere considerata una porta d’accesso piuttosto immediato a certi stati d’animo. Le persone molto spesso la utilizzano proprio perché le aiuta a sentirsi alleggeriti, più riflessivi del solito, creativi o altro. Alcune melodie, generi, autori, ci proiettano più facilmente in un particolare “set mentale”. Pensiamo, per esempio, a come possano essere rilassanti le atmosfere create da alcuni tipi di jazz, o a come la ritmicità vivace e coinvolgente del funky o della disco dance possa farci sentire energici, o alle sensazioni imponenti evocate dalla musica classica.
La musica può rappresentare anche una testimonianza della propria storia, può ricordarci chi siamo stati. Per alcuni è un canale attraverso cui reimmergersi in tappe passate della propria vita. Molte persone raccontano, per esempio, di come le sigle dei cartoni animati riescano a riportare alla mente in modo vivido ricordi e sensazioni particolari della loro infanzia, o alcuni generi rimandino ad esperienze e modi di pensare legati al periodo adolescenziale, agli studi e le amicizie universitarie o ad un gruppo di colleghi con cui si è collaborato. Certe canzoni sono facilmente associabili ad un nostro modo di essere del passato. Ma perché le riascoltiamo?
Forse perché in un certo momento sentiamo il bisogno di ricordarci chi siamo stati, o perché un nostro modo di essere, che oggi ci appartiene un po’ meno, ci offre dei modi di pensare che ci sono utili o che hanno una rilevanza nel presente. A volte riascoltiamo musiche che riguardano il proprio passato semplicemente perché ci riavvicinano ad esperienze che sono state piacevoli, o in qualche modo significative.
Quello che ascoltiamo
può parlarci anche di un cambiamento, che è avvenuto o che stiamo cercando. Ci evolviamo come persone, e il fatto che non ci piaccia o non ci coinvolga più un genere musicale che abbiamo ascoltato a lungo, può dirci anche questo: che qualcosa di noi è cambiato o sta cambiando.
La musica verso cui ci orientiamo, può anche suggerirci che al cambiamento siamo propensi, che ne sentiamo il bisogno o che, semplicemente, attraversiamo un momento in cui le novità ci incuriosiscono e ci attirano. Può essere il caso delle fasi in cui ci troviamo ad affacciarsi a generi o musicisti che prima non avevamo considerato molto, o che non avremmo mai pensato di apprezzare.
Per alcuni Expat
la musica rappresenta un mezzo per rientrare facilmente in contatto con le proprie origini. Alcuni generi, per esempio, sono direttamente legati a delle tradizioni territoriali e facilmente possono farci reimmergere nella cultura in cui si è cresciuti, ricordarci le tradizioni familiari o legate alle proprie amicizie. Pensiamo alle sonorità e ai ritmi caratteristici della taranta, o agli stornelli (ce ne sono in diverse regioni dell’Italia) che attraverso forme linguistiche e dialettali possono riportarci a momenti di convivialità vissuti con persone del proprio luogo di origine.
La musica ci può offrire anche un modo per entrare maggiormente in contatto con la cultura del Paese in cui ci si trasferisce, con le sue consuetudini sociali. Pensiamo a quanto il folk irlandese sia capace di trasmettere una festosità molto particolare di quella cultura, o a come la musica latino-americana possa far sintonizzare facilmente su dei ritmi di vita più lenti e meno tipici rispetto ad altre aree geografiche.
Come non sottolineare, infine, l’impronta relazionale che è insita nella musica. Dai compositori classici del passato che offrivano le loro opere all’ascolto di gruppo, agli eventi moderni che attirano migliaia di persone, la musica può essere fonte di aggregazione, può offrire la possibilità di un’esperienza condivisa, di uno “stare insieme” scandito e definito da ciò che si ascolta. Possiamo essere meditativi, scatenarci, vivere qualcosa che le parole difficilmente possono raccontare, e possiamo farlo insieme agli altri, sintonizzandoci sulla stessa lunghezza d’onda. In un momento in cui la pandemia impedisce di aggregarsi, la mancanza dei concerti e della musica live è vissuta dagli appassionati, e non solo, come una privazione importante, come l’impossibilità di farsi coinvolgere e stare con gli altri in un modo difficilmente replicabile.
Può però essere una preziosa compagna nell’affrontare questa difficile fase: può offrirci conforto, svago o alleggerimento, può aprirci prospettive più difficili da immaginare all’interno della situazione attuale. Può squarciare il silenzio e irrompere nelle sensazioni poco confortevoli che ci troviamo a vivere.
Francesco Michelotti
Psicologo e Psicoterapeuta