“La metafora rappresenta una delle forze più attive nella lingua”
Enciclopedia Treccani
Dimmelo con un’immagine
L’immagine in parole è un atto linguistico quotidiano. Usiamo spesso metafore, allegorie e similitudini senza magari renderci conto che lo stiamo facendo.
Espressioni come “avere una fame da lupi”, “sentirsi un pesce fuor d’acqua”, “mi raccomando, acqua in bocca”, fanno infatti parte del nostro modo di parlare quotidiano. Rappresentano qualcosa di molto “potente” nella comunicazione perché ci permettono con poche parole di trasmettere delle sensazioni che stiamo vivendo, facendole arrivare concretamente al nostro interlocutore. Con una breve frase stiamo dicendo molto, evocando qualcosa di “tangibile”, grazie all’uso di un’immagine.
A quanti di voi sarà capitato di provare delle sensazioni che avrebbe descritto così: “gli eventi di questo periodo mi stanno destabilizzando, avevo tante certezze e ora le sto perdendo, i miei punti di riferimento non ci sono più, non mi sento stabile, ho paura di quello che può accadere, di non avere appigli e sono in ansia”. Tutto ciò non potremmo racchiuderlo nella metafora “sento che mi manca la terra sotto i piedi”?
Oppure: “oggi mi sento in splendida forma, mi sento in forze, posso fare grandi cose, potrebbe essere il momento giusto per affrontare delle cose difficile che ho trascurato e sento che posso farcela a sistemare le cose”. Siete d’accordo che potremmo anche riassumerlo nell’espressione “oggi mi sento un leone”?
Fra queste immagini, come psicologa, quelle che mi incuriosiscono di più sono ovviamente quelle che usiamo per descrivere emozioni, sentimenti e stati d’animo.
Una strategia comunicativa
“Sono scarico”, “ieri ero al settimo cielo”, “mi sento in gabbia”, “mi stai tarpando le ali” e mille altre ancora, sono le metafore che usiamo per raccontare di noi e di quello che stiamo vivendo.
Utilizzare un’immagine, spesso favorisce la possibilità di comunicare la complessità di quello che stiamo provando, molto più di quanto riesca a volte a fare il linguaggio. La parola, detta a voce o scritta, ha una sola dimensione. Quando invece parliamo utilizzando una metafora entrano in gioco molte dimensioni: un’immagine ha forma, colori, persino suoni e odori… e ci aiuta a superare i limiti della lingua.
Rendono concreto ciò che è astratto, tangibile quello che è impalpabile, rendono intuitivo ciò che necessiterebbe di fiumi di parole per essere spiegato. Danno spessore, colore e intensità!
Reider l’ha definita “la più economica condensazione di comprensione di molti livelli di esperienza”.
I molti livelli delle emozioni
L’uso delle metafore ci consente di descrivere le emozioni come qualcosa di concreto, e di comunicarle agli altri in un modo molto vicino a come le stiamo provando. Le immagini partono infatti spesso dall’esperienza corporea e hanno la capacità di condensare sensazioni e pensieri.
Ad esempio, perdescrivere l’ansia si usano immagini che descrivono la mancanza di respiro (“mi sento soffocare”), l’accelerazione del battito cardiaco (“ho il cuore in gola”) o l’avvicendarsi dei pensieri (“mi scoppia la testa”). Raccontiamo la rabbia con immagini che si fondano sull’aumento della pressione sanguigna (“mi si è tappata la vena”, “mi fai andare il sangue al cervello”). Comunichiamo invece il benessere con i processi di rallentamento di battito, abbassamento della pressione e rilassamento muscolare (“mi sentivo su una calda e soffice nuvola”, “credevo di volare”). La paura che fa “raggelare il sangue” altro non è che il sangue che dagli arti corre verso gli organi vitali, facendo abbassare la temperatura corporea.
Quell’immagine, però, non ci sta raccontando solo i processi fisiologici coinvolti ma rappresenta anche l’esperienza vissuta alla base di quello stato emozionale. Le metafore fanno quindi emergere il significato che attribuiamo a quella situazione.
Un esempio puoi aiutarci a capire meglio. Se parlando della mia relazione utilizzo la metafora “mi sento in gabbia”, sto raccontando di un corpo che si sente bloccato e si ribella alla costrizione ma sto anche definendo la relazione con l’altro sulla base della dimensione della libertà (o della sua mancanza).
Quell’immagine forte, evocativa, definisce quindi un contesto.
Da un lato possiamo forse correre il rischio di “cristallizzare” un’esperienza, come avviene per una foto o un quadro che catturano un preciso momento, ma al tempo stesso ci offre l’opportunità di capire meglio cosa stia provando la persona che ci comunica quell’immagine. E quindi, come psicologa, posso considerarle una porta d’accesso a ciò che una persona vive e prova, e aspetti importanti da cui far partire la conversazione terapeutica, per addentrarcisi insieme.
“Giocare” con le metafore
Quando vi imbattete in una metafora provate a guardarla più da vicino, chiedetevi: quali sono le sensazioni corporee coinvolte, quale emozione, sentimento o sensazione descrive?
Osservate quali elementi la compongono, chiedetevi a cosa corrispondano della situazione che state vivendo e quindi quale sia il tema principale della metafora. Ansia, dubbio, frustrazione?
Un esempio può aiutarci a capire meglio. Di fronte ad una scelta spesso diciamo di sentirci ad un bivio. Questa immagine rappresenta il dubbio e indica che davanti a me vedo solo due strade e magari provo ansia per dover prendere una decisione tra quelle due. Ma se invece che un bivio cominciassi a considerarla una rotonda, cosa succederebbe? Moltiplicando le strade si moltiplicherebbe la confusione o si aprirebbero invece nuove possibilità più invitanti delle sole due di prima? L’idea che la rotonda sia circolare mi permetterebbe di non sentirmi ferma, pur senza prendere una destinazione per il momento, o mi farebbe solo girare la testa? E così via con altre domande e spunti per “giocare” con le immagini e renderle utili.
Se scegliamo di incuriosirci alle metafore che le altre persone usano, questo può aiutarci a capirle meglio e ad aumentare la nostra consapevolezza. Se poi ci imbarazza raccontare verbalmente i nostri sentimenti, possiamo decidere di farlo ricorrendo alle immagini. Anche questo è un modo per far sapere qualcosa di noi, per “trasferire” agli altri quello che proviamo, facendoglielo conoscere. A proposito, lo sapete che la parola metafora deriva in origine dal greco μεταÏ•ορá½±, che significa proprio «trasferimento», «trasferire»?
Silvia Carattoni
Psicologa e Psicoterapeuta