Sentiamo spesso parlare di compromesso e ho notato che per alcune persone è una sorta di passaggio inevitabile: “senza compromessi non si va avanti, anche se a volte vuol dire rinunciare a quello che mi va”; altre lo approcciano invece più o meno così: “se devo scendere a patti vuol dire che non fa per me, meglio cambiare strada”.
In un caso o nell’altro, questa storia del compromesso mi è sembrata un po’ un labirinto in cui rischiamo di incastrarci. Come quando, guardando in un caleidoscopio, fissiamo i pezzettini di vetro riflessi solo su uno dei due specchi al suo interno e ne riceviamo un’immagine statica, che esclude qualcosa.
Ma se iniziamo a far ruotare gli specchi e scorgiamo le tante altre immagini che si possono creare…che meraviglia! Così mi sono detta: serve un nuovo modo di fare compromessi che faccia …ruotare il caleidoscopio!
Quindi ve lo voglio proporre.
Siamo ad un bivio
La parola “compromesso” ha due significati: il primo rimanda all’idea di promettersi qualcosa insieme a qualcuno, quindi la necessità di trovare un punto di incontro. L’altro significato ci riporta più alla sensazione di mettere a repentaglio, intaccare. Insomma, sembra sempre che una delle due parti dell’accordo debba rimanere scontenta, sentendosi quindi danneggiata…o, appunto, compromessa!
E allora che si fa? Ve lo dico con un esempio.
Immaginiamo una situazione in cui ci venga richiesto di mettere un abito da cerimonia. E immaginiamo alcuni possibili esiti.
Nel primo caso viviamo la richiesta come un’imposizione fuori luogo, ma decidiamo di adattarci per poter partecipare all’evento, iniziando quindi a cercare quei famigerati vestiti tipici delle cerimonie che, se potessimo, eviteremmo di indossare, non importa quale sia l’occasione.
Nel secondo caso, percepiamo la richiesta come qualcosa che ci mette a disagio, perché non sopportiamo queste convenzioni e vogliamo sentirci liberi/e di esprimerci come preferiamo, e pensiamo “l’abito da cerimonia è una formalità che non condivido, una scelta limitante e superficiale. Se per gli altri il mio modo di vestire non è adeguato, facciano pure senza di me!”, rinunciando a partecipare.
In entrambi i casi, per motivi diversi, la scontentezza la farebbe da padrona.
Ma ecco spuntare una “terza via”
Forse, però, potrebbe esserci anche una terza modalità (e se facciamo girare le immagini nel caleidoscopio la scorgiamo). Potremmo pensare a quella serata come ad una sala piena di personalità diverse. Vedremmo allora persone sognatrici che approfittano dell’occasione per indossare abiti particolari e inusuali; vedremmo capi apparentemente semplici trasformati dal giusto accessorio o dalla giusta pettinatura in una mise elegante; vedremmo persone che hanno scelto abiti legati esclusivamente all’etichetta, al marchio; ce ne apparirebbero altre che sembrano troppo eccentriche per la loro scelta di abbigliamento o altre ancora che si perdono nella folla perché tutte così simili. E così via.
Cosa distingue queste diverse modalità? Nei primi due casi vediamo due strade chiare e distinte, che non sono percorribili entrambe contemporaneamente, e quindi, in base a quella che scegliamo, o siamo dentro (partecipando, ma malcontenti per aver rinunciato a un nostro modo di essere) o siamo fuori (evitando la situazione, ma malcontenti per aver rinunciato allo stare con gli altri).
Nel terzo caso ci siamo invece aperti a molte possibilità e, tra tutte, magari ne scorgiamo una che tenga conto della richiesta che ci è stata fatta (un abito non da tutti i giorni), ma anche di cosa è importante e imprescindibile per noi (un abito che rappresenti la nostra personalità). Insomma, l’idea è che posso in una certa misura andare incontro alla richiesta e partecipare, ma a modo mio!
Viaggiare sulla nuova strada e godersi il panorama
Siamo partiti dal descrivere due posizioni opposte rispetto ai compromessi, assimilabili a due immagini riflesse staticamente nel caleidoscopio: chi accetta una richiesta come qualcosa di inevitabile per andare avanti e chi, non trovando validi i compromessi, si chiama fuori dalla situazione o dalla relazione.
Facendo girare il caleidoscopio, però, possiamo vedere tante altre immagini.
Quindi, il mio consiglio è, per prima cosa di individuare cosa ci fa sentire scomodi in una certa situazione o di fronte a una richiesta, soprattutto per capire a cosa di noi sentiamo di dover rinunciare. Poi pensiamo che, magari, chi ci ha fatto quella richiesta non aveva considerato che ci avrebbe messo in difficoltà. Allora potremmo valutare di dirglielo, così magari quella richiesta la possiamo trasformare insieme in una cosa che va bene a tutti e due, non solo a uno dei due. E questo è un nuovo modo di concepire i compromessi.
Un’altra strada, che tra l’altro non esclude la precedente, è quella di cercare il nostro modo di partecipare: il vestito che ci sta bene addosso, che ci rappresenta, pur senza contrastare la richiesta che abbiamo ricevuto. E anche questo è un altro modo nuovo di fare compromessi.
E visto che non è sempre facile farlo da soli, possiamo anche valutare di farci dare una mano per vedere altre soluzioni. Ad esempio, in questo caso il confronto con uno psicologo o psicoterapeuta potrebbe essere come inserire nel caleidoscopio uno specchio in più!
In collaborazione con Margherita Pasi