Cari expat, quest’oggi vorrei parlare con voi di quel carico di frustrazioni, delusioni e critiche da parte di parenti e amici, a cui vi siete sentiti sottoposti da quando avete scelto di cambiare Paese. Pur sapendo che le storie non sono tutte uguali, il mio osservatorio quotidiano mi permette di affermare che capita piuttosto spesso…quante volte vi è capitato di trovarvi ad affrontare il giudizio, le critiche, la disapprovazione o l’incomprensione altrui rispetto alla vostra scelta di partire?
Ho riflettuto molto sui vostri racconti e sulle vostre storie, e devo dirvi che mi sono fatto un’idea di alcuni dei motivi che possono stare dietro a queste parole o comportamenti. Così, ho scelto di raccontarvi “l’altra parte della medaglia” con una confessione immaginaria di un padre al proprio figlio expat. Non ho la pretesa che si tratti di una verità assoluta, valida per tutte e tutti: prendetela come una suggestione, una prospettiva possibile, un’ipotesi tra le tante che possiamo immaginare. E se la sentite calzante alla vostra esperienza, è qui per voi: Fatela vostra!
Alla fine della confessione, riprendendo i temi principali che sono emersi, vi indicherò delle domande-guida che potete farvi qualora vi trovaste a fronteggiare delle critiche o delle incomprensioni da parte di qualcuno a cui tenete. Quindi, come si suol dire, wait for it.
Buona lettura!
Caro Filippo,
abbiamo da poco concluso la nostra videochiamata della domenica, quella che ho lottato tanto per avere e che dopo tante insistenze mi hai concesso. So che ci tieni ad avere i tuoi spazi, che non vuoi intrusioni, soprattutto da quando ti sei trasferito lontano da casa. Dicevi che ti opprimevamo troppo, io e mamma. Anche se ho sempre pensato che ti riferissi più a me che a lei. Mi dicevi che ero ingombrante, ma io volevo solo starti vicino, volevo che tu non ripetessi i miei stessi errori…forse non l’ho fatto nel modo in cui avevi bisogno.
Per anni ho vissuto in questo equivoco: che non avrei mai ripetuto gli errori che tuo nonno aveva fatto con me, che non ti avrei mai lasciato solo, che sarei stato per te il padre di cui io avrei avuto bisogno alla tua età…Ma la realtà è molto diversa, perché tu non sei me, e penso che avresti voluto il tempo di imparare, di giocare, di sbagliare anche, senza sentirti incalzato o pressato, solo dandoti lo spazio che cercavi. Quando l’ho capito, però, eri già troppo grande, e c’era già un muro molto spesso tra di noi…
Ci ho pensato molte volte…non è facile mettere così tanto amore verso qualcosa, verso qualcuno, e poi trovarsi nel mezzo della notte a chiedersi: “Starò facendo bene? E se stessi sbagliando tutto?”
Così, quando te ne sei andato, ho avuto davvero paura che quel muro che c’era tra di noi sarebbe rimasto lì più a lungo di quanto avessi immaginato, temevo che si sarebbe alzato ancora di più. La paura, a volte ti fa annaspare. Ed è allora che ho provato ad abbatterlo quel muro, perché non riuscivo ad accettare che tu te ne fossi andato: l’ho fatto criticandoti, mostrandoti la mia faccia colma di risentimento…e di questo mi dispiace davvero tanto, perché mi rendo conto di quanto tutto questo possa averti ferito…
Devi sapere che c’è stato un momento, poco prima dei miei 18 anni, in cui ero lì lì per partire anche io…ma tuo nonno non l’avrebbe mai accettato…così, per non sentirmi in colpa verso di lui, alla fine decisi di restare.
Non sai quante volte, dopo che te ne sei andato, ti ho invidiato…anzi, proprio ammirato, anche se non te l’ho mai detto…perché hai avuto coraggio: di rompere con le consuetudini, di allontanarti da quello che “bisogna fare”, di ignorare le convenzioni sociali. Ti sei preso una libertà che io forse non sono mai riuscito a prendermi.
Non so perché sono finito a scrivere queste parole…e non so se avrò mai il coraggio di fartele leggere…Una cosa però vorrei provare a farla: vorrei farti capire che sono dalla tua parte, al tuo fianco. Vorrei accompagnarti, se lo vorrai… che se dovessi vivere dei momenti difficili, avrai sempre la mia spalla a cui poterti appoggiare…a volte mi hai detto che non ho abbastanza fiducia in te…ma non è così.
Spero davvero che continuerai a scoprirti, a capire cose nuove di te, degli altri e del mondo. So che questo non ti proteggerà dalle delusioni, dalle sofferenze, ma almeno le avrai vissute, e lo avrai fatto a modo tuo…e per questo ti ammiro.
Con tutto il cuore,
papà
Arrivati alla fine di questa lettera, trovate come promesso qui sotto le domande-guida da usare in situazioni critiche. Ognuna è abbinata ad un piccolo disclaimer su come, perché e quando usarla. Ne ho selezionate 3.
1. Nella confessione capiamo che il padre cerca di non far vivere al figlio delle esperienze difficili che a sua volta lui aveva vissuto, presumibilmente quando era piccolo o adolescente. Questo ha comportato che il figlio si sentisse pressato, dato per scontato e non capito dal padre nelle sue necessità, causando alcune frizioni nel loro rapporto.
Domanda-guida 1: Quanto di quello che mi viene detto, suggerito, criticato, dipende da una mia effettiva lacuna e quanto da un bisogno di chi mi parla, come ad esempio quello di alleviare una ferita, di rimediare a delle esperienze del passato, o di mettere le persone in guardia da possibili sofferenze?
2. Nella lettera il padre racconta di aver faticato ad accettare quando il figlio ha preso delle decisioni diverse da quelle che lui si sarebbe aspettato. Tuttavia, reagisce mettendo in primo piano la propria rabbia, criticando aspramente il figlio, per non far vedere (anche a sè) quanto ci sia rimasto male. Non mi sorprenderebbe che il figlio possa essersi sentito una delusione o non abbastanza per il padre. Soprattutto se il genitore ha presentato il suo punto di vista come quello “giusto” ed è stato poco disponibile a metterlo in discussione.
Domanda-guida 2: Nel momento in cui mi sento ferito per una critica pesante ricevuta, è possibile che quella critica parli di chi me l’ha fatta più di quanto parli di me? Cioè, è possibile che il giudizio nasconda un suo bisogno di sentirsi “nel giusto” e di non cambiare il proprio modo di vedere le cose?
3. Nel finale della confessione, il padre spiega che per non deludere a sua volta il proprio genitore e non sentirsi rifiutato, aveva deciso di restargli vicino, sacrificando il desiderio di partire. Capiamo quindi che oggi, se il padre avesse espresso in maniera esplicita la propria ammirazione verso il figlio expat, si sarebbe creato un confronto diretto che mette in luce il dolore per non essersi concesso quelle libertà che desiderava.
Domanda-guida 3: Quando una persona fatica a fare apprezzamenti, il suo atteggiamento critico può nascondere una sua difficoltà a concedersi di seguire le proprie aspirazioni di vita e i propri desideri?
Un’ultima cosa prima di lasciarvi. So che tutto questo potrebbe non essere sufficiente ad impedire che quelle critiche, quando arrivano, facciano male. È normale e umano che sia così: sarebbe irrealistico e irrispettoso chiedervi il contrario. Se però queste mie parole vi fossero state d’aiuto anche solo per un momento, per prendere le distanze da quelle critiche ricevute, riuscendo a vederle anche da un altro punto di vista, e magari alleviando un po’ quel logoramento che vi portate dentro, allora posso ritenermi soddisfatto.
Grazie per l’attenzione e alla prossima!
Stefano Giusti
Psicologo e Psicoterapeuta