Sin da piccoli veniamo educati all’idea che bisogna essere disponibili verso il prossimo, sempre e comunque, altrimenti rischiamo di passare per maleducati o addirittura egoisti. Essere molto disponibili ci può far sentire altruisti, utili o indispensabili e, per questo, può essere fonte di gratificazione. Allo stesso tempo, c’è il rischio che finiamo col sentirci accettati quasi unicamente per quell’aspetto, piuttosto che, anche, per tante altre parti di noi. In questo contesto, è facile pensare di dover fare sempre di più, proprio per continuare a confermare quella disponibilità che a questo punto gli altri ci attribuiscono, e per non deluderne le (presunte) aspettative. Ma siamo sicuri che dire di no sia proprio una così grande catastrofe? Beh, meno di quel che pensiamo. Ma dipende. Da diversi fattori, tra cui il modo in cui avviene la comunicazione, e vari altri a cui non pensiamo (quasi) mai.
Li scopriremo insieme in questo articolo, dove vedremo anche che ci sono diversi tipi di sì, così come tanti modi differenti per dire no, che ci mettono al riparo dai sensi di colpa, dalla paura di deludere, di rovinare i rapporti o di non fare “la cosa giusta”.
Il disagio di dire no
Nel dire “No”, può nascere una sensazione di disagio, che alcuni più di altri provano nel disattendere la richiesta di un’altra persona. Si scatenano una serie di emozioni difficili da gestire, talvolta legate a paure (inconsapevolmente) più grandi.
Vediamone alcune.
Se dico di no…
…mi sento in colpa e perfino egoista, non riconoscendomi nella persona che vorrei essere: gentile, educata, disponibile.
…potrei ferire un/a amico/a, deludendolo/a: e se questo ci facesse allontanare?
…perderò la stima del mio capo.
…come farà l’altro/a senza il mio aiuto o la mia presenza?
Il dire SÌ, invece che essere una scelta che risponde veramente a un nostro desiderio, a ciò che in quel momento vorremmo dire o fare, può diventare così la strada “più veloce” per sentirsi accettati, ben voluti, in linea con le aspettative dell’altro o con il nostro ruolo (di amica, di fidanzato, di figlio…) in quella relazione. Con l’idea che sia meglio dire/fare ciò che l’altro si aspetta, o meglio, ciò che ci immaginiamo che l’altro si aspetti da noi.
Che fatica! Non vi pare?
Francesco: “È stata una dura giornata di lavoro. Non me ne è andata bene una. Mi sento stanco e nervoso. Non vedevo l’ora di tornare a casa e rilassarmi. Ma poi mi ha chiamato Lucia, è in crisi con il suo ragazzo. Vuole vedermi per parlare, per sfogarsi. Io stasera non ne ho proprio voglia. Vorrei dirle di no. Ma se poi se la prende e si allontana da me o, peggio, se il rapporto si rompe? Alla fine sono ricaduto nel solito meccanismo, le ho detto sì ma ora mi sento in gabbia, mi sento frustrato e appesantito”.
Carla: “A lavoro, dopo le mie otto ore piene in cui ho dato il massimo, il capo proprio prima di andare via mi fa sempre la richiesta dell’ultimo secondo. E io? Mi blocco, non riesco proprio a dire “oggi non posso”. E poi mi sento frustrata. Con lui? No, con me stessa! Mi sento la solita persona debole che si sottomette agli altri!”
Situazioni diverse, talvolta con gli amici, con i figli, a lavoro, con il/la proprio compagno/a, ma c’è un filo che le lega: quel “Sì” detto quasi di istinto, come se fosse una risposta “di pancia”, l’unica possibile in quel momento.
Capisco, quel “Si” permette di togliersi dall’imbarazzo, dal senso di colpa, dal dover fare scelte diverse. Ma ha un costo molto alto: rinuncio a me, a ciò che io vorrei davvero, e metto da parte come mi sento.
Quindi…che fare?
Prima di tutto, consiglierei sia a Carla che a Francesco, quando possibile, di prendersi un attimo di tempo prima di dare una risposta. È un tempo prezioso, che può essere usato sia per vagliare le implicazioni, cioè chiedersi cosa comporterebbe, a breve o lungo termine, accettare la richiesta (o meno), sia per fare delle controproposte.
Ad esempio, Francesco, a freddo, può ricordarsi che Lucia non è una persona che se la prende facilmente ed è molto disponibile al dialogo, quindi non dovrebbe succedere niente di ché se si metterà d’accordo con lei per un altro giorno di quella settimana, quando anche lui sarà meno stanco, meno di fretta e più lucido per ascoltarla. Carla potrebbe invece proporre al suo capo di darle un po’ più un preavviso in queste occasioni, così da organizzarsi anche con il resto dei suoi impegni, e spiegargli che è contenta di aiutare quando serve ma, se lo sa prima, non deve per forza rinunciare alle sue cose e questo, tra l’altro, la farebbe anche lavorare meglio.
Un’altra cosa importante da tenere presente è che, qualunque risposta diamo, è lecito anche cambiare idea in un secondo momento, riconsiderando la risposta che avevamo dato all’inizio.
Inoltre, può venirci in aiuto spostare il focus da noi stessi alla relazione. Mi spiego meglio. Carla, nell’idea di dire di no alla richiesta del capo, probabilmente si sentirebbe in colpa e penserebbe di deluderlo, e Francesco magari penserebbe di non fare la cosa giusta da amico e che Lucia si possa allontanare o il rapporto incrinarsi. Certo, il disagio che provano è forte, ma… ricordiamoci che non è tutto sulle loro spalle: in una relazione siamo sempre in due, non dipende tutto da noi! Pertanto, se proviamo a spiegare le nostre ragioni o le nostre difficoltà, diamo all’altra persona la possibilità di capire come ci sentiamo, per quali ragioni facciamo fatica a dire di sì in quel momento e, quindi, le diamo anche la possibilità di scegliere a sua volta, o di cambiare idea e proporci lei stessa (o concordare!) una cosa diversa.
Grazie a questo si potrebbe aprire un’altra grande opportunità…
Quando il confronto rafforza la relazione
Quella di non dare più per scontato che una divergenza di opinioni o di bisogni dia necessariamente adito ad uno scontro. Certo, un “no” detto in modo “secco”, potrebbe suonare poco carino ed effettivamente ridurre la possibilità che venga preso bene. Anche un “né sì né no” (che spesso manifesta un desiderio di dire no condito però dalla paura di esprimerlo), può non favorire uno scambio sereno, perché rischia di alimentare false speranze e aumentare il rischio di delusioni. Ma, se in modo gentile spieghiamo le ragioni del nostro no e magari anche il perché in quel momento non riusciamo a soddisfare la richiesta, possiamo favorire un confronto di opinioni, invece che un conflitto.
Dire un “No” può aprire la strada al fatto che gli altri ci (ri)conoscano per quello che siamo, anche se non siamo d’accordo con loro. Dire no, mette in luce i nostri bisogni, e fa capire all’altro che siamo persone diverse con nostre esigenze, anch’esse da considerare e rispettare.
E non solo: lasciamo spazio anche all’altra persona di essere se stessa. Quel “no” che avevamo associato a nostre paure, o a conseguenze negative, può invece essere proprio un modo per creare una relazione più sincera, più genuina, più vera. Una relazione in cui ci possa essere la libera espressione di differenti modi di vedere le cose.
L’amica di Francesco potrebbe scoprire che rimandare la conversazione ad un momento di maggiore lucidità, permetterà ad entrambi di essere più focalizzati, e anche a lei stessa di sentirsi meglio supportata. Per il capo di Carla, invece, potrebbe essere l’occasione per considerare di più che il suo team ha anche esigenze al di fuori dal contesto lavorativo.
Le sfumature del NO
Innanzitutto non esiste solo il “no”, ma esistono anche il “non ora”, il “non sempre”, il “non questa volta”, il “non a quelle condizioni ma ad altre”, il “non per tutto quel tempo” o, se vogliamo, il “sì, ma solo fino a lì”, il “sì, ma se si fa in quest’altro modo”, il “sì, se però si va in quell’altro posto”, il “sì ma se vieni tu da me”, il “sì ma mi prendi stanca morta e ti ascolto solo”, il “sì ma solo per un’altra mezz’ora poi vado”, ecc.
Inoltre si puòricorrere al compromesso, per vagliare insieme cosa fare, dove farlo, quando e per quanto tempo.
Ancora, ricordiamoci che il grosso delle differenza lo fa il MODO in cui esplicitiamo le cose. Un no stizzito, un “no, punto”, un un “no che palle” forse qualche problemino lo danno davvero. Ma per fortuna non è l’unico modo! Esistono anche i “mi dispiace ma oggi proprio non ce la faccio, ti va se rimandiamo a dopodomani?, oppure i “lo so che ci tenevi e infatti mi dispiace molto, ma ho già un impegno, però se vuoi puoi venire con me”, o i “purtroppo questa sera non riesco a fermarmi di più, mi dispiace”.
Infine, si può valutare in quali casi è fattibile, o preferibile, stare alle condizioni richieste e in quali non è invece così problematico mettere un limite o fare una controproposta.
Insomma quel tanto temuto “No”, in base a tanti fattori, può essere anche una preziosa opportunità per migliorare le nostre relazioni interpersonali.
Provare per crederci!
In collaborazione con
Valentina Forestiero