Cosa ci succede quando ci troviamo di fronte ad una persona che ci piace?
Cosa accade dentro di noi quando una conoscenza inaspettata inizia a far palpitare il nostro cuore e a creare nuove prospettive? Quando la nostra mente si lascia andare a desideri e sentimenti messi un po’ da parte?
Il sociologo Bauman parla della società moderna come di una società “liquida” e, di conseguenza, una società di amori che sembrano impalpabili, nei quali entriamo ed usciamo e non ce ne rendiamo nemmeno conto. Sarà capitato a molti di trovarsi ad iniziare una frequentazione, vivere passioni e slanci, e poi, senza nemmeno saperlo spiegare, questa relazione cambia, si evolve, modifica la sua traiettoria lasciandoci confusi e spesso increduli.
Amare o non amare, questo è il problema.
Bauman parla di “amore liquido” ovvero l’amore diviso tra il desiderio di vivere le emozioni e la paura di legarsi a qualcuno. Spesso in terapia arrivano persone che raccontano, in modo diverso, il loro vivere nell’assenza (più o meno desiderata) di una relazione amorosa. Nella maggior parte delle esperienze, la sensazione che la persona ha è di “restare sempre nello stesso punto”, “vivere sempre il solito epilogo”, “trovare sempre persone che non vanno bene” o al pari “non sono interessato, non ne voglio sapere più nulla”, “preferisco stare solo/a, che stare male”. “Se solo avessi fatto…” o “se avessi avuto maggior tempo per capire…” Sono domande che ognuno di noi si pone, più o meno frequentemente, quando si trova in relazione con l’altro. Sono domande che portiamo con noi anche nelle nuove conoscenze.
Ripartire da capo, ne ho voglia davvero?
Ripartire dopo una storia che ha lasciato il segno significa spesso per noi “dover ripartire da capo”. La sensazione di dover ricominciare a fidarci, a conoscere l’altro, a farci conoscere, ad investire in una storia che potrebbe andar bene come no, ci mette in una posizione di stallo, di impasse, che non ci fa stare comodi nelle scarpe in cui camminiamo. Può capitare allora di provare allo stesso tempo la voglia di lasciarsi andare e affidarsi e la paura di dover ripartire, di rimanere delusi e faticare poi nel rimettere insieme i pezzi, di nuovo.
Quali sono i significati che colleghiamo a questo evento? Al di là delle differenti esperienze, quello che sembra essere un aspetto comune è il senso di ripetitività che sentiamo o che temiamo di vivere; quella sensazione di essere improvvisamente riportati indietro nel tempo e nel vissuto, più o meno piacevole, di un legame al quale teniamo e che si è spezzato.
Davvero è la storia che si ripete?
Ma cos’è che ci succede quando sentiamo di vivere “sempre” la stessa situazione? Cosa portiamo dentro quel sentire ripetuto e per certi versi conosciuto e temuto? Viviamo aspettandoci che alcune cose accadano, o nella paura che all’improvviso possano nuovamente accadere. Come se fossimo in balia degli eventi che ci capitano, delle decisioni dell’altro, come se non potessimo far altro che sperare che le cose vadano nel modo che vorremmo. La sensazione è quella di essere stati catapultati in qualcosa di bello che non è sotto il nostro controllo.
Spesso capita che i pazienti raccontino di una netta differenza tra ciò che vivono nei rapporti amicali e nelle relazioni amorose. La domanda che si fanno è spesso la stessa: “Ma come mai succede se io sono sempre la stessa persona?”
Quello che viviamo e le aspettative che abbiamo verso una particolare esperienza modificano il nostro sentire e il nostro riconoscerci all’interno di quelle esperienze. Questo inevitabilmente si riflette nella relazione con l’altro.
E se invece fosse il momento di scrivere un’altra storia?
Allora forse dovremmo chiederci se i pensieri, le domande e le paure che portiamo con noi nelle relazioni hanno davvero a che fare con quella relazione, con quella persona o se sono piuttosto parte del nostro bagaglio.
In ogni relazione ci siamo noi ma c’è anche l’altro e quello che viene giocato all’interno di un rapporto di coppia è qualcosa che succede tra due persone.
Quando il nostro cuore riprende a palpitare per amore, le nostre ferite tornano in superficie. E quando ci danno fastidio, quando bruciano, quando ci mettono in guardia, proviamo a ricordarci che parlano di noi e non di lui o lei. Proviamo a permettere all’altro di avvicinarsi ad esse con cautela e delicatezza, di osservarle e di imparare a conoscerle. Permettiamogli di tentare di prendersene cura, come meglio può. E proviamo a prenderci cura delle sue. Ognuno di noi ne ha.
Nadia Varone
Psicologa e Psicoterapeuta