IL CIBO CREA IL “NOI”
“Ciao nonna, si qui mi trovo bene, è una bella città sai e poi il lavoro sta andando bene…”
“Si, ma hai mangiato? E che mangi?”
Caricatura o realtà, a tutti noi è capitato di sentirci rivolgere la premurosa domanda “Hai mangiato?” da chi ci vuole bene, specialmente quando si è lontani. Ci fa sorridere, ci abbraccia, ci riscalda con la sua semplicità.
Ma perché questo accade?
Il cibo è tra le prime e più significative forme di amore che riceviamo, è cura e protezione quando veniamo al mondo. La nostra stessa sopravvivenza dipende, fino ad un certo punto della vita, da un altro essere umano che si prende cura di noi fornendoci affetto e nutrimento.
Anche attraverso il cibo, già da bambini, gettiamo le basi per quella che sarà la nostra vita relazionale e impariamo a conoscere quel mezzo così prezioso per creare connessioni con gli altri. Da adulti, impariamo a mostrare il nostro desiderio di dare e ricevere cura anche attraverso la cucina.
Al di là dell’importanza nutrizionale e della funzione di sopravvivenza che l’alimentazione ricopre, quindi, il cibo rappresenta uno strumento per la soddisfazione di bisogni fondamentali che spesso ben poco hanno a che fare con la presenza di proteine o carboidrati. È così che il nostro cibo diventa quello della nostra famiglia, delle nostre tradizioni, delle nostre abitudini e sempre più si lega nella nostra mente a episodi, a situazioni, a emozioni ed esperienze.
IL CIBO PER VIAGGIARE NEL TEMPO
Perché i sapori della nostra infanzia ci stanno così a cuore? Succede che il cibo diventi ricordo, e che assaporare nuovamente quel gusto, così familiare, ci permetta di portare alla mente frammenti fino a quel momento nascosti o dimenticati. Avete presente il cartone animato Ratatouille? Per il grande critico culinario Anton Egò è sufficiente un boccone per essere magicamente trasportato nei ricordi della sua infanzia. Durante la nostra vita immagazziniamo infatti una quantità innumerevole di ricordi. Della maggior parte di questi non abbiamo piena consapevolezza. Non possiamo infatti immaginare il nostro sistema di memoria come una biblioteca ordinata. Gran parte dei nostri ricordi non sono fatti di parole, ma di immagini, sensazioni ed emozioni. Come possiamo allora ripescare dal nostro immenso archivio i preziosi passi della nostra vita passata? La chiave di accesso non può che essere la sensorialità. Quel gusto, quel profumo, quel colore, quello scrocchiare o sfrigolare, quella morbidezza o quel calore. Ecco che il cibo può riaccendere in noi un’emozione, il ricordo di una persona, di un periodo particolare o di “quella volta che”.
IL CIBO PER VIAGGIARE NELLO SPAZIO
Il cibo crea il “noi”, dicevamo, prima tra il bambino e chi se ne prende cura, poi nella famiglia e nella propria cerchia di persone e di amici. È anche vero che certi cibi ci permettono di sentirci “noi” anche con persone che non conosciamo direttamente. Hanno a che fare con il nostro riconoscerci appartenenti ad un determinato gruppo. Così le ricette e le tradizioni non sono più solo quelle della nostra famiglia, ma magari diventano quelle della nostra città, della nostra regione o del nostro paese. Così, condividere lo stesso cibo può farci sentire in stretta connessione anche con chi incontriamo per la prima volta, e farci riconoscere appartenenti ad un background comune. Può farci sentire che esiste quel “noi”, con la grande varietà di significati che questo può rappresentare per ciascuno.
Per alcune persone quel retroterra comune sarà un “porto” da cui partire per esplorare nuovi cibi provenienti da Paesi diversi, per conoscere ed immergersi in altre culture. E forse qualcuna di queste persone deciderà di fondere e confondere i sapori vecchi con quelli nuovi, creando altre ricette, altre storie, altri “noi”.
IL CIBO PER SENTIRCI A CASA
Chi vive all’estero sa quanto sia fondamentale, specialmente in certi momenti o in certi periodi dell’anno, nutrirsi del cibo conosciuto nel luogo in cui vive attualmente o di quello legato al luogo di origine. E non solo perché la cucina con cui siamo cresciuti sia più o meno buona, ma perché il cibo rappresenta la nostra identità. Ci ricorda le nostre radici e rappresenta il nostro slancio.
E allora godiamoci il gusto nuovo dell’aprirci al mondo, ma concediamoci di tornare alla base, al calore delle radici e alla quiete di quello che è familiare quando ne sentiamo la voglia, anche attraverso quei sapori e quelle sensazioni capaci di riportarci indietro nel tempo e nello spazio.
Allora perché chi ci ama ci chiede se abbiamo mangiato quando siamo lontani?
Perché cerca di prendersi cura di noi, chiedendoci se ci sentiamo “a casa” nel nostro nuovo posto nel mondo. Perché questo è ciò che il cibo fa: unisce, anche da lontano.