GIULIO, 34 ANNI
“Mi hanno messo l’obbligo. Questa cosa mi mette malissimo. Non posso lasciare il lavoro, non me lo posso permettere. Ma perché non può andare bene che resti una piccola percentuale di gente non vaccinata? E’ sempre stato tollerato. Mi mette male. Lo farò eh, lo devo fare. Per forza. L’altro giorno ho sentito un’amica, siamo amici da una vita. Ha una figlia disabile ed era incazzata nera con i no-vax. La capisco, è preoccupata per la figlia. Ha il terrore che possa capitarle anche questo. Le ho detto che anch’io ho un po’ di dubbio sul vaccino e che ancora non l’ho fatto e che se non fossi obbligato non lo farei, mi dispiaceva mentirle. Mi ha chiuso il telefono. Mi ha scritto che non capisce come ho fatto a diventare così. Ma mi conosce, sono sempre stato dubbioso sui vaccini. Perché non può accettare che io sia critico su questa cosa?”
CHIARA, 25 ANNI
“Io non capisco la stupidità delle persone, eppure mi sembra che basterebbe usare tutti un po’ di buon senso. Non dico quando la pandemia è arrivata e nessuno ci capiva niente, ma oggi. Oggi lo sappiamo come fare. Perché devo essere io quella che passa sempre da rompipalle? Quando si vive con gli altri si devono condividere delle regole. Io sono anche molto tollerante con i miei coinquilini, ma chiedo poche cose semplici. Quando entrate in casa toglietevi le scarpe e lavatevi le mani prima di toccare tutto, magari anche in cucina. Non mi pare di chiedere tanto. No. Non potete portare a casa persone a caso, non ci dovrebbe neanche essere bisogno di dirlo. Che poi quelli che vengono a casa saranno vaccinati? Non ci giurerei considerando le frequentazioni di Laura. Ne usciamo solo con i vaccini! Ma che aspetta la gente a capirlo?! Ma Laura no, lei preferisce essere leggera, essere scialla, e quella rompipalle sono sempre io. E infatti per essere scialla dopo 2 anni non ne siamo ancora usciti.”
MANUEL, 22 ANNI
“Mi sento bloccato. Sono passati due mesi ormai. Due mesi da quando mia madre non c’è più. E mi sembra di non essermi mosso, di non aver fatto un passo. Continuo ad immaginarmi come sarebbe oggi se lei fosse ancora qui. Continuo ad apparecchiare anche per lei. A parlarci quando sono in macchina, come se fossimo ancora io e lei. Quel maledetto viaggio a casa per trovare i parenti, lei ci teneva tanto. Ma lì non è come in Italia, si sa che la sanità non funziona e quando ci si ammala di Covid, tutti scappano, o almeno chi può. Lei non voleva vaccinarsi e mio padre si. Alla fine avevamo deciso che ci saremmo vaccinati tutti una volta rientrati in Italia.
Ma lei non è rientrata. Continuo a chiedermi cosa sarebbe successo se l’avessi convinta a vaccinarsi prima di patire. Continuo a dirmi che non ho fatto abbastanza.”
ROBERTA, 28 ANNI
“L’altra mattina gliel’ho detto. C’avevo un’ansia! Gliel’avevo già accennato un paio di giorni fa. “Non so se potrò continuare a venire in questo periodo, poi ti spiegherò”, ma lui non aveva mica capito. Eravamo in pausa, ci siamo allontanati per fumare una sigaretta e lui me l’ha chiesto, “cosa mi dovevi dire?” Avevo la tachicardia. Gli ho detto che forse dopo questa cosa non avrebbe più voluto vedermi. Avevo il terrore che non avrebbe più voluto abbracciarmi o parlarmi. Che non avrebbe più voluto sentirmi. Di questi tempi non lo sai come reagiscono le persone su questa cosa. Secondo me la gente sta perdendo la testa. Insomma alla fine gliel’ho detto “Non ho il green pass e non ho intenzione di vaccinarmi.”
GIADA, 25 ANNI
“Era tanto che non rientravo in Italia. L’idea era anche quella di tornare per vaccinarmi, tra un paio di giorni infatti ho l’appuntamento. Ma sono preoccupata per mio padre. Lui è sempre stato un po’ particolare nella sua visione delle cose. Non so come dire, è uno che ha spesso fatto scelte che magari le altre persone considererebbero strane o poco normali, ecco. Però questa sua svolta no-vax mi preoccupa, mi sembra che stia diventando sempre più paranoico. Cioè, lui dice che crede nell’esistenza del Covid, non è che lo nega, però non si vuole vaccinare. Non so come fare a stare in casa con lui. Non so come comportarmi, come gestire questa cosa.”
E POI CI SONO IO
Mentre scrivo, davanti al mio computer, rifletto sul fatto che io, seduta lì di fronte a loro, ho il fortunato privilegio di poter ascoltare le loro storie. Sento con loro, vedo il loro dolore, la loro tristezza, la loro gioia, la loro rabbia e le loro paure.
Ho l’occasione di osservare come gli stessi eventi da cui tutti ci sentiamo travolti in questo periodo, me compresa, possano avere un impatto così potentemente diverso nella vita di ciascuno.
Alcuni dei miei pazienti sanno qual è la mia opinione sui vaccini, altri se la immaginano, qualcuno non se lo chiede neanche, ma di certo tutte le persone che si siedono davanti a me sanno chiaramente quanto questo sia irrilevante in questa stanza.
Non di certo perché dibattere su questi temi sia cosa di poco conto o perché io non abbia le mie opinioni, le mie preoccupazioni o i miei desideri, ma perché l’avere ragione o l’avere torto non trova spazio in questa stanza.
Possiamo guardare quello che accade nella nostra mente, raccontarlo e mostrarlo senza chiederci se sia giusto o sbagliato. Non c’è spazio per le scelte “corrette”, né per i “dovresti”. I miei pazienti sanno che in questa stanza, fisica o virtuale che sia, il mondo fuori si ferma per un attimo. Sanno che è un luogo in cui è possibile prendersi cura delle proprie ferite, su qualunque tema, in qualunque modo si decida, o si senta, di essere. Mi piace immaginarla come una zona franca, un posto sicuro dove respirare a pieni polmoni.
Così inizia la psicoterapia.
Eleonora Gori
Psicologa e Psicoterapeuta