Il 13 novembre è la giornata mondiale della gentilezza.
Ovviamente non dovrebbe esserci bisogno di una “festività” per praticare la gentilezza, che dovremmo piuttosto esercitare in ogni momento, ma questa giornata ha lo scopo di esortare le persone a svolgere una buona azione, qualsiasi essa sia: un aiuto, un gesto inaspettato, un interesse empatico per l’altro e qualsiasi altro pensiero gentile che ognuno dovrebbe rivolgere verso un suo simile.
La celebrazione di questa giornata nasce in Giappone circa 30 anni fa con il Japan Small Kindness Movement, un movimento locale che nel 1996 ha portato al movimento globale The World Kindness Movement, atto a promuovere la gentilezza in tutto il mondo.
“Ovunque ci sia un essere umano, vi è la possibilità per una gentilezza.”
(Seneca)
Il concetto di gentilezza, etimologicamente, si lega all’idea di nobiltà e di cortesia, qualità che raggiungono la loro massima espressione all’interno di un gruppo di persone. Ecco, quindi, che emerge nel concetto stesso e nella sua pratica il sentimento di appartenenza e di socialità; è questo che l’umanità vuole comunicare con questa parola: la gentilezza come requisito indispensabile per la socialità.
Dalla Mindfulness alla Gentilezza
Le filosofie orientali ed in particolare il buddhismo affermano che questa qualità è innata nell’essere umano, e che se ci dimentichiamo di praticarla è perché la vita porta a sofferenze che ci allontanano dalla vera natura di noi stessi e quindi dagli altri.
Ma la pratica della consapevolezza così come intesa dalla mindfulness ci viene in aiuto, e in una maniera molto semplice perché si affida a qualità già presenti in noi in quanto umani: la capacità della presenza mentale, dell’attenzione intenzionale, la possibilità di percepire consapevolmente i nostri stati d’animo e osservarli da vicino, e infine la capacità di sollevare noi stessi e gli altri dal giudizio.
Questi sono gli ingredienti che ci permettono di acquisire tale consapevolezza, ingredienti che sono tenuti insieme proprio dall’attitudine gentile. Un’attitudine da applicare prima di tutto verso noi stessi, mentre osserviamo ciò che emerge nel corso della pratica della mindfulness: pensieri rimuginativi, emozioni spiacevoli, ricordi dolorosi, previsioni di difficoltà nel futuro.
Inevitabilmente, mentre pratichiamo, mantenere l’attenzione sul respiro, sul corpo, sui suoni, è difficile: la mente che saltella tra pensieri, immagini, ricordi, preferenze e giudizi. Di questo meccanismo naturale tendiamo però a farcene una colpa e a giudicare noi stessi.
Ma va considerato che è ciò che la mente, per sua stessa natura, tende a fare. Quindi possiamo scegliere di rispettare con gentilezza questa tendenza della mente, accogliendo ciò che essa produce, e di riportare gentilmente una, dieci, cento volte, l’attenzione sul respiro e sul corpo. In questo modo rafforziamo la posizione di osservatori di noi stessi e facilitiamo la strada verso il non giudizio.
Dalla Gentilezza alla Compassione
L’atteggiamento di gentilezza con il quale pratichiamo la mindfulness ammorbidisce i nostri spigoli, quegli stessi spigoli che nella relazione con gli altri rappresentano un ostacolo alla comprensione e all’empatia. Quando pratichiamo la mindfulness, quindi, coltiviamo anche la gentilezza verso noi stessi, e inevitabilmente ci rapportiamo agli eventi della vita (dove interagiamo con il nostro prossimo) con maggior chiarezza, osservando le storie in modo più ampio e prendendo in considerazione anche la capacità di capire e perdonare, sia noi stessi che gli altri.
La qualità della gentilezza, nella sua accezione più ampia, ci consente di accedere al concetto di Compassione, inteso come “Il desiderio autentico di sollevare l’altro dalla sofferenza.” Se in Occidente la compassione viene spesso associata alla pietà e alla commiserazione, nella filosofia buddhista assume il significato più ampio e più nobile di partecipare alla sofferenza dell’altro. E’ una combinazione di amore, sapienza, determinazione e generosità, un offrirsi senza aspettarsi niente in cambio, e che implica un includere se stessi in questo desiderio autentico.
Nel coltivare la gentilezza verso se stessi e gli altri tramite gesti e pensieri altruistici, camminiamo sulla strada della compassione, che è anch’essa una qualità innata nell’essere umano, che necessita solo di essere riscoperta e soprattutto vissuta.
“Gli esseri umani sono parte di un tutto,
Creazione di un’essenza ed un’anima.
Se uno solo è afflitto dal dolore,
Gli altri sentiranno il disagio.
Se non avete compassione per il dolore umano,
Non potrete considerarvi un essere umano.”
Bani Adam
poesia di Saadi che compare all’ingresso del Palazzo dell’ONU a New York