Di recente ho attraversato un momento molto duro: i miei familiari hanno scelto di vendere la casa delle vacanze di famiglia. Quella in cui avevo trascorso tutte le estati, dalla mia nascita fino a 20 anni, e in cui, da allora, tornavo comunque ogni estate, anche se per periodi più brevi: da sola, con amici e amiche, con mia sorella, con il mio compagno.
Per me è stato un colpo al cuore. Benché non vi trascorressi ormai più di una settimana o due l’anno, quel posto era molto più di una casa.
Era un luogo pieno zeppo di ricordi di tutte le fasi della mia vita. Dentro albergavano persone, passaggi significativi della mia storia, emozioni d’ogni sorta: i miei nonni, le mattine estive spensierate della mia infanzia con mia madre, le liti con mio padre per le prime uscite serali, la turbolenza della mia adolescenza, il mio piercing, la patente, gli amici delle varie fasi della mia vita, le riflessioni infinite su di me e sulla vita guardando il panorama, il canto del cuculo che mi rilassava, le mie evoluzioni come persona anno dopo anno. Nessuno mi porterà via questi ricordi, lo so. Ma lì, in quella casa, erano al “loro posto” ed erano in sintonia tra loro. Quel luogo, ho capito soprattutto perdendolo, era dove convivevano serenamente, in pace, il passato e il presente. Dove le fatiche del prima si amalgamavano con la solidità dell’adesso, senza soluzione di continuità.
Perdere quel posto – che per me aveva sempre avuto un fascino un po’ magico, che sentivo anche nella vita adulta – mi ha lasciato un vuoto. Quasi come se avessi sentito vacillare dei punti di riferimento che fino a quel momento erano lì, sicuri; forse nemmeno visibili, perché non in discussione.
Alcuni luoghi non sono solo un luogo fisico. Per me quel posto speciale era una casa, per altre persone può essere una strada, un angolo della città o un paese. Quel posto amato che pensiamo ci sarà sempre, che sembra impensabile perdere o da cui è doloroso anche solo immaginare di doversi separare. E se succede lascia un vuoto, perché si porta via qualcosa di noi, ci sradica un po’. Per fortuna le radici sono tante e variegate, in continua evoluzione, e se ne possono creare di nuove. Ma non sono rimpiazzabili. È un po’ come perdere una persona cara e, con lei, quello che noi stessi eravamo insieme a quella persona.
Non so ancora come evolverà questo sentimento strano che vive in me ora, non so nemmeno se un giorno questo dispiacere troverà altre forme e, magari, si tramuterà in tenerezza del ricordo, o perfino nella felicità di averle vissute quelle cose.
Per ora, posso solo accettare di portare con me una sensazione di perdita, che accompagna le mie giornate e le tinge di una nota di malinconia.
Dalla redazione di
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