“Perchè vivo a Berlino? Quando ci siamo conosciuti io e Serena, eravamo giovani, viaggiavamo molto. Nessuno dei due faceva progetti futuri, anche se io ero partito pensando che l’estero sarebbe stato solo una ‘parentesi’. Poi, arrivati in Germania, lei si è avvicinata al lavoro per il quale aveva studiato in Italia e la sua carriera si è delineata sempre di più. Tutto questo con grande soddisfazione di entrambi, non lo nego, ma se devo rispondere alla domanda, rispondo che ‘sono qui per lei’. Se non avessi conosciuto Serena, io sarei già tornato in patria. Lei, invece, qui ci sta anche per il suo lavoro”.
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“Me lo ricordo come fosse ieri. Stavo cucinando e il mio compagno è entrato in casa con un sorriso a trentasei denti. ‘Mi hanno offerto un posto di lavoro a New York – ha detto – sei pronta per partire?’. È sembrato grandioso anche a me. Non ci ho pensato nemmeno un minuto! A volte mi chiedo se sia stato uno sbaglio”.
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“Ci sono dei giorni in cui odio Parigi. Odio la mia vita qui. Odio mia moglie per avermi trascinato in questa città. Quando lei è partita, eravamo sposati da pochi mesi. L’azienda per la quale lavorava le aveva offerto una buona opportunità. Doveva essere un’esperienza di un anno ed era un peccato lasciarsela sfuggire. Così Giulia è partita senza di me. Ci si vedeva comunque spesso nei week-end e durante le vacanze. Poi la sua carriera è letteralmente decollata e io mi sono sentito costretto a raggiungerla. Abbiamo scelto insieme ma, nei momenti più difficili, mi arrabbio con lei come se fosse la causa del mio malessere. Come se la scelta di vivere all’estero io l’avessi subita”.
Esiste un’espressione inglese, trailing spouse, per definire le persone che si trasferiscono all’estero con il proprio partner per accompagnarlo nella sua crescita professionale. Provando a tradurre in italiano, stiamo parlando di persone “al seguito” del partner che, se non fosse per la carriera di quest’ultimo, vivrebbero ancora in Italia. I dati statistici ci dicono che più frequentemente è la donna a seguire il proprio compagno all’estero, ma è anche vero che il fenomeno sta diventando sempre più vario e che ciascuno di noi, uomo o donna, giovane o adulto, potrebbe riconoscersi in queste storie o percepire qualcosa di familiare. É possibile, infatti, che qualche lettore stia vivendo qualcosa di simile in questo momento e che possa comprendere le sensazioni ed i dubbi che vive un/a trailing spouse. Sì, perchè ne avete parlato e riparlato. Avete persino fatto la “famosa” lista dei pro e dei contro e la decisione non è cambiata. A cosa mi riferisco? Alla scelta di continuare a vivere in terra straniera dove la carriera lavorativa del partner è soddisfacente ed in crescita, nonchè economicamente vantaggiosa per la coppia o per la famiglia. Non c’è una motivazione precisa che vi faccia considerare un eventuale rientro in Italia. Siete persino convinti che per ora sia la scelta migliore, eppure vi sentite più in difficoltà a rinnovare la vostra scelta di vita all’estero e pensate che per il vostro partner sia più semplice di quanto lo sia per voi. Perchè? Da quali considerazioni, a volte non così chiare nella testa, potrebbero generarsi questi pensieri?
“Lavoro ergo sum”
Ore otto di mattina. La tua partner ti saluta e va al lavoro. Tu chiudi la porta e ti ritrovi di nuovo a pensare a quanto sia fortunata, a quanto sia più scontato per lei star bene lontana dall’Italia grazie al suo soddisfacente lavoro. Lei sì che ha un “motivo valido” per stare all’estero. Tu nemmeno la vorresti quel tipo di vita, quella vita “in carriera”, eppure ti ritrovi a fare il paragone con lei che si sta costruendo un ruolo professionale, che si sta arricchendo di esperienze che tu, invece, non stai facendo.
Domandati, però, quali altre esperienze stai vivendo o potresti vivere grazie alla vostra scelta. Prova a pensare che il lavoro è solo uno degli aspetti della nostra vita con cui ci definiamo. Uno tra tanti. Non più o meno importante di altri. Considera la carriera della compagna come un’opportunità da non sprecare anche per te. Se per te non è un’opportunità lavorativa, cos’altro potrebbe essere? Perchè non “sfruttare” questa condizione? Magari per la partner è più chiaro il motivo dell’essere all’estero, ma questo non significa che per te sia una scelta di “serie B”. Falla tua, coltivala. Immagina un giorno di rientrare in Italia e domandati che cosa ti piacerebbe portare nel tuo bagaglio grazie a questo capitolo della tua vita.
Per il mio partner o con il mio partner?
“Tu cosa fai all’estero?”. Quando ti fanno questa domanda, ti capita di sentirti a disagio o di non aver voglia di rispondere. Inizialmente non ti faceva questo effetto, ma ora sei stanco di rispondere che sei all’estero per la carriera della compagna. Ti fa sentire in difetto e dipendente da lei. Ti fa venire il dubbio che tu stia annullando i tuoi desideri e le tue esigenze per portare avanti questo progetto insieme. Sensazioni legittime! Non è così semplice ed immediato modellare e rimodellare la propria identità ed il proprio ruolo partendo dal presupposto che la scelta non sia la propria.
Prova, quindi, a mettere tra parentesi proprio questo presupposto. Prova a pensare che non sei all’estero per la tua partner, ma con la tua partner. Non dipendi da lei, ma sei con lei. Compagno di questo capitolo della vostra storia. Compagno di viaggio, di vita. Dai il giusto peso alla carriera della tua partner e considera che sì, magari in questo momento sta canalizzando alcune scelte molto importanti per voi, ma questo non significa che abbia più valore di altro. Non significa, soprattutto, che tu abbia meno valore. Accomodati in quest’esperienza che state facendo insieme trovando il miglior posto per te. Cosa ti potrebbe aiutare? Un lavoro? Degli amici? Le tue passioni? Parlane anche in coppia. È plausibile che la tua compagna non sappia quanto per te possa essere difficile e sentirti “dato per scontato” potrebbe aumentare la spiacevole sensazione di essere “trascinato” e non protagonista della tua storia.
Nostalgia canaglia!
La famiglia, gli amici e i vecchi colleghi. Ci sono giorni in cui ne senti proprio la mancanza. Giorni in cui ti senti più sola e non riesci a controllare questa sensazione. Ti concentri, se ce l’hai, sul tuo lavoro. Provi a occupare il tempo con i nuovi amici, vai in palestra, visiti la città. Semplicemente provi ad organizzare le tue giornate, scelta più che sensata, ma qualcosa non ti fa star tranquilla. Apri i social e le ore passano a guardare i post e le storie dei tuoi amici in Italia. Là sembra sempre tutto perfetto. La foto delle tue amiche insieme e sorridenti, ancora una volta, fa risuonare in te alcune domande. Mi sto perdendo qualcosa di bello stando all’estero? Sto vivendo la mia vita o quella del mio partner? Il gioco vale la candela per me come per lui?
Io credo che nostalgia, solitudine o mancanza di qualcosa, siano sensazioni più che legittime anche nella vita più appagante. Non pensate di non doverle mai vivere per sentirvi convinti della vostra scelta. Provate a non considerarle come campanellini di allarme di una scelta sbagliata, ma piuttosto come spunti di riflessione per capire come riprodurre nel vostro presente quel “qualcosa che non c’è”. Vi mancano quelle amiche o delle amiche? Quel gruppo o la sensazione di far parte di un gruppo? Ancora una volta, poi, condividi questi sentimenti col partner. È probabile che non siano sensazioni estranee nemmeno a lui. Insieme potrebbe essere più semplice trovare il modo per ridurne frequenza ed intensità, così come potrebbe essere di sollievo non sentirti sola a viverle.
Alla luce di queste considerazioni, quindi, cosa mi sento di suggerire a chi di voi si sta chiedendo se indossare i panni del trailing spouse sia la scelta più giusta e calzante per sè? Di provare a spostare lo sguardo dal vestito a come lo si sta indossando. Vi sta stretto? Dove vi sta stretto? Con cosa potete abbinarlo? E come personalizzarlo? Potreste riscoprirvi dei grandi stilisti!
Stefania Bossetti
Psicologa e Psicoterapeuta